Lo stretching: cos’è, a cosa serve

Lo stretching è un termine che deriva dalla lingua inglese che significa “stiramento”, “allungamento”.
Nella pratica sportiva si intende come allungamento muscolare, e gli esercizi di stretching coinvolgono muscoli, tendini, ossa e articolazioni.
Per la maggior parte di essi consistono in movimenti di allungamento muscolare e può essere utilizzato sia per prevenire gli infortuni, sia nel recupero post allenamento, sia per dare più mobilità articolare.
Come è fatto un muscolo? Il muscolo striato scheletrico è così composto:

  • è composto da cellule muscolari e mio fibrille che formano il sarcomero;
  • più sarcomeri in serie formano la fibra muscolare. Ogni singola fibra è avvolta dall’endomisio;
  • varie fibre vengono raggruppate dal perimisio in fasci muscolari;
  • l’epimisio raggruppa tutti i fasci e li organizza per formare il ventre muscolare
  • Il ventre muscolare si ancora all’osso tramite i TENDINI che a loro volta hanno una struttura macroscopica diversa dai muscoli e permettono a questi di fissarsi e di trasferire la forza espresse sul segmento scheletrico.

Questa breve descrizione anatomica per capire che durante lo stretching vengono allungati e mobilizzati , non solo le strutture muscolari e tendinee, ma anche le articolazioni e le ossa dove si ancorano i muscoli; dando così maggiore flessibilità muscolo-articolare.
Per flessibilità muscolo-articolare s’intende “la capacità di movimento di un muscolo e/o di un articolazione nell’ambito della loro totale estensione di movimento – full range of motion” (Alter,1996; Bjorkòund,1999).
Questa concetto è importante per far capire come i gesti sportivi che richiedono notevole ampiezza di movimento; vengono favoriti sia in velocità che economicità con lo stretching ; riducendo notevolmente fenomeni traumatici e patologici.

Come e quando farlo

Studi scientifici sul QUANDO farlo possono risultare non concordanti, ma si è appurato oramai che l’importanza nel farlo migliora la prestazione e diminuisce gli infortuni.

Nella maggioranza dei casi, in un attività sportiva, si consiglia di fare stretching nella fase di riscaldamento (più in forma dinamica che statica) e soprattutto nella fase finale, di defaticamento ( per riportare i muscoli alla lunghezza naturale, originaria).
Può risultare invece dannoso se:

  • Si fa prima di una seduta di forza;
  • Si fanno esercizi tipo molleggio (perché stimolano alcune unità funzionali muscolari che invece di allungarsi si accorciano);
  • Non praticato correttamente (assumendo magari posizioni dannose per il corpo e le articolazioni);
  • Fatto in maniera incostante.

Sulle modalità di COME e QUANTO farlo è consigliabile affidarsi o consultarsi con un fisioterapista, osteopata o preparatore atletico perché la struttura muscolo-scheletrica di ogni individuo e l’attività fisica che si intende fare può far variare i modi e i tempi dell’allungamento muscolare corretto.
Molto importante invece è per chi non far sport (o per chi lo fa in modo saltuario) di mantenere comunque una elasticità e flessibilità muscolo-articolare per prevenire problematiche future a carico dell’apparato muscolo-scheletrico.
In un prossimo articolo verranno consigliati ed illustrati alcuni facili esercizi di stretching e che non sono dannosi per il corpo.

Artrosi del ginocchio – Gonartrosi

La gonartrosi o artrosi del ginocchio è un alterazione degenerativa della cartilagine in primis, che ricopre l’intera articolazione del ginocchio, e nelle fasi più avanzate anche dell’osso sottostante e dei tessuti adiacenti.

E’ la causa maggiore di interventi protesici al ginocchio.

La cartilagine è un tessuto interposto tra i capi articolari che, tra le sue funzioni, ha anche quello di far scorrere meglio i capi articolari durante il movimento.

Quando le cartilagini della tibia , del femore e della rotula si usurano, fino a scomparire, il movimento e il sovraccarico sbagliato creeranno un ulteriore frizione tra loro  danneggiandoli ancora di più.

Che sintomi può dare?

  • Dolore e rigidità articolare (soprattutto al mattino dopo il risveglio o dopo una lunga inattività);
  • Gonfiore (spesso dopo uno sforzo prolungato);
  • Deambulazione con zoppia (soprattutto all’inizio del movimento e nelle fasi avanzate della patologia);
  • Scrosci e rumori articolari (anche al minimo movimento).
  • Instabilità e perdita del tono muscolare (anche questi sintomi sono presenti nelle fasi più avanzate);

Come si diagnostica?

La diagnosi comincia con un esame obiettivo e dai sintomi sopradescritti.

L’indagine diagnostica più veloce e molto sensibile è la classica radiografia (con le proiezioni antero-posteriore e latero-laterale sotto carico) e la radiografia assiale della rotula a 30°, 60° e 90° di flessione.

Nella rx si possono apprezzare molte caratteristiche presenti in un ginocchio artrosico:

  • il restringimento dello spazio articolare;
  • l’addensamento del profilo osseo;
  • la presenza di osteofiti marginali (i cosiddetti “becchi ossei”) che l’organismo crea per “ridistribuire” il sovraccarico;
  • la presenza di geodi, aree di riassorbimento e debolezza ossea dovute al “non uso” della zona.

La Risonanza magnetica può essere effettuata nel caso in cui si sospetta anche una rottura meniscale o legamentosa, ma non è fondamentale per la diagnosi di gonartrosi.

Quanti tipi di gonartrosi esistono?

Una prima classificazione può essere fatta in base alla zona colpita dall’artrosi:

  1. femoro-tibiale mediale (la zona interna del ginocchio);
  2. femoro-tibiale laterale (la parte esterna dell’articolazione);
  3. femoro-rotuleo ( tra il femore e la rotula).

Inizialmente può colpire uno solo dei distretti sopradescritti e poi anche gli altri.

Un’altra classificazione può essere fatta in base alla causa:

  1. Artrosi idiopatica o primitiva ( in cui non si conoscono le cause precise);
  2. Artrosi secondaria ( dovuta ad un a problematica scatenante o facilitante, come ad esempio: le osteocondriti, la condromalacia, l’osteonecrosi asettica, fratture articolari, esiti rotture legamentose o meniscali, ecc…)

Quali sono le cause scatenanti?

Di questo argomento ne abbiamo già parlato in un articolo passato (ARTRITE E ARTROSI: CHE DIFFERENZA C’E’?);

Da aggiungere ci sono le alterazioni dell’asse della gamba (ginocchio varo, ginocchio valgo, ginocchio flesso, recurvatum) che possono favorire l’insorgenza della gonartrosi dovuta al sovraccarico di alcuni comparti del ginocchio.

Che fare?

Il trattamento può essere di tipo:

  1. Conservativo (fisioterapico / osteopatico)
  2. Farmacologico
  3. Chirurgico

Prima di arrivare all’intervento chirurgico (con protesi monocompartimentale o totale del ginocchio; oppure con una pulizia della cartilagine tramite artroscopia), si cerca di mantenere l’articolazione con una mobilità e un trofismo muscolare che permettono di condurre le attività di vita quotidiana senza troppi problemi e dolori. Per far ciò si deve intraprendere un percorso terapeutico sotto il controllo del fisioterapista o dell’osteopata. Si può inoltre far ricorso a farmaci antinfiammatori e antidolorifici.

Alcuni semplici consigli da dare al paziente possono aiutare a diminuire i sintomi (esempio: rinforzare bene la muscolatura, mantenere una buona articolarità del ginocchio, fare dello stretching di tutti i muscoli dell’arto inferiore, usare il giusto tutore o bendaggio nelle fasi più dolenti o di sovraccarico maggiore, mettere del ghiaccio dopo un uso prolungato, ecc…)

Le infiltrazioni di acido ialuronico con o senza antinfiammatorio e la rigenerazione cellulare della cartilagine con le cellule staminali sono altre soluzioni, ma di queste ne parleremo in un altro articolo.